Quest’anno ho iniziato a collaborare con l’Università Statale di Milano come docente nell’ambito di un corso – finanziato dal PNRR – sull’economia circolare. Insieme ad alcuni docenti della facoltà di Scienze della Terra, sto approfondendo temi nevralgici come l’impatto ambientale della transizione energetica e l‘esigenza di un approccio realistico ai consumi e all’economia circolare.
Cos’è, concretamente, l’economia circolare? Secondo la definizione del Parlamento Europeo, si tratta di un “modello di produzione e consumo che implica condivisione, prestito, riutilizzo, riparazione, ricondizionamento e riciclo dei materiali il più a lungo possibile”. Modello di consumo ma anche di produzione, quindi: lo sottolineo perché questo aspetto porta alla luce due tipi di problemi.
Il primo è la differenza tra reale e percepito. Se chiedessimo cos’è l’economia circolare a una persona presa a caso, con ogni probabilità ci sentiremmo rispondere che si tratta di un modello di riciclo e di corretto smaltimento dei rifiuti. Raramente si fa riferimento alla produzione e questo è un problema.
Secondo problema: l’economia circolare riguarda anche la produzione, è vero, ma finché il modello produttivo inseguirà la chimera della crescita continua (con ovvie ricadute sull’aumento dell’obsolescenza dei prodotti), non ci potrà mai essere vera e propria economia circolare.
Di questi temi ho parlato oggi su Teletruria, partendo da due esempi concreti che ci fanno capire in modo molto concreto qual è l’impatto ambientale dei nostri consumi.