Guerra in Ucraina e media: perché ci serve un’informazione più bilanciata?

C’è una poesia di Goethe – che è una bellissima fiaba iniziatica – di cui tutti conosciamo la versione Disney con Topolino: L’apprendista stregone”. Il succo della storia è che quando si maneggiano strumenti potenti senza averne la necessaria Conoscenza, si combinano guai. Grossi. E questa, oggi, può essere un’ottima chiave di lettura di come i media stanno affrontando la guerra in Ucraina.

Di polarizzazione si è iniziato a parlare in modo massiccio nel 2016 con il combo Brexit + Trump, ma in questi giorni la cosa assume contorni sempre più pericolosi. I media stanno giocando all’apprendista stregone. Ci stanno giocando le masse, sia online che offline senza la minima Conoscenza delle possibili conseguenze.

Cosa non serve in questo momento? Raccontare la guerra in Ucraina esasperando la visione negativa del “nemico”. Non serve bloccare Sputnik ed RT ma poi sbandierare un cartone animato di propaganda per bambini puntando il dito contro Mosca. Non serve annullare un corso su Dostoevskij. Non serve nemmeno spegnere tutti quanti le luci per dimostrare a Putin che “preferiamo stare senza gas e senza luce piuttosto che comprare il petrolio da lui” (ma davvero pensate che Putin farà fare marcia indietro ai suoi carri armati per questo? Peraltro, sull’ingenuità di questa affermazione, su cui poi vorrei vedere ognuno davanti alla prova dei fatti, mi taccio). Non serve soffiare sul fuoco, anche se lo si fa a fin di bene.

La verità è che di ciò che sta accadendo davvero dall’altra parte – in Russia – non sappiamo nulla. Amplifichiamo la percezione delle manifestazioni in corso immaginandoci rivoluzioni ma senza sapere quale sia la loro reale entità. Non abbiamo nemmeno, peraltro, idea di quale sia l’impatto reale di questa stretta sulla popolazione russa in termini di psicologia delle masse. Paradossalmente, potrebbe anche incrementarne la coesione: e non contro Putin, ma a favore. E’l’effetto fortezza: mi sento attaccato? Mi ricompatto intorno a un centro.

Con il pericolo reale e tangibile che stiamo correndo, non serve fare ciò che ci fa sentire meglio (più buoni, più giusti, più sensibili): serve capire cosa vogliamo e fare ciò che è concretamente utile per ottenerlo. La domanda reale è una sola: vogliamo creare le condizioni perché la guerra in Ucraina si trasformi in  una guerra diffusa (e per diffusa intendo potenzialmente mondiale)? Se non lo vogliamo, chiediamo un’informazione più bilanciata. E’questo che ci serve. Chiediamo storie che vengano anche dall’altra parte della barricata. Chiediamo strumenti che ci aiutino a percepire quello che sta succedendo in termini diversi da quelli della contrapposizione binaria: non per cambiare opinione, ma per accettare il fatto che il panorama è molto, troppo complesso.

Ci serve capire che siamo solo apprendisti stregoni e che entrare nella stanza dei bottoni pigiandoli a caso può portarci esattamente dove non vogliamo andare.

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