Quando mi capitano sott’occhio video di leoni che abbracciano neonati con musichette edificanti di sottofondo, confesso che di solito ho reazioni scomposte.
Anche se video di questo tipo circolano sulle pagine di amanti degli animali, paradossalmente sono convinta che questo immaginario disneyano agli animali faccia più male che bene, perché alimenta una percezione edenica, romantica e antropocentrica che non ci aiuta ad accettare e amare l’animale per quello che è. Un discorso che vale per tutta la natura, in realtà, che non è “a misura d’uomo”. Detta fuori dai denti, il leone che anziché fare pucci-pucci al neonato se lo mangia non è cattivo: semplicemente, non è uscito da un cartone animato di Walt Disney. È un leone, cioè una grande carnivoro in cima alla catena alimentare. E va benissimo così.
Oggi, sugli schermi di Teletruria, ho parlato dei grandi carnivori che popolano le montagne italiane e ho cercato di fare un po’ di luce sugli aspetti che possono rendere problematica la loro convivenza con noi e sulle soluzioni (politiche di adattamento ma anche switch mentali) che servono per aiutarci a convivere con loro nella porzione di mondo che abitiamo. Possibilmente, senza scadere nel paradosso per cui prima li aiutiamo a tornare con pratiche di rewilding e poi decidiamo che non ci vanno più bene perché (ohibò!) abbiamo scoperto che non sono dei peluche.